Ho scelto questo MESTIERE, perché per me è un mestiere insegnare, e non un lavoro, e lo penso sin da bambina. Sì, giocavo ore ed ore ad imitare la mia fantastica Signora Maestra (all’epoca chiamavamo così la nostra “seconda Mamma”, poiché tale era!) e, solo ora mi rendo conto che il mio gioco era incentrato sui “casi difficili”, quelli che facevano “dannare” la mia amata Maestra.
Spendevo ore a cercare di ri-spiegare loro, in realtà erano solo nella mia fervida immaginazione, visto che ero nella mia cameretta, insomma a ri-spiegare quello che era stato fatto il giorno in classe, e che certamente non avevano capito. Era un gioco, divertentissimo per me, ma un gioco!
Intanto c’era un problema, mio, dolorosamente mio: ero bravissima in tutte le materie e così è stato per tutti gli anni di scuola, ed ero orgogliosa dei miei bei voti, tanto. Eppure un dramma mi ha fatto sempre piangere e disperare: la MATEMATICA. Non l’ho mai capita e ci ho pianto le mie più amare lacrime. Era buio cosmico. Questi numeri lottavano acremente nella mia mente e non trovavano pace, non si sistemavano al posto giusto.
Al momento della scelta universitaria, non ho avuto dubbi: LETTERE! Sarei diventata, da grande, un’insegnante di italiano e storia. Le amavo e non c’era di mezzo la matematica!
La vita fa giri strani e mi sono ritrovata ad insegnare Lettere nella città in cui desideravo vivere da decenni, Torino. La scuola in cui lavoro da 10 anni è un ente professionale, votato quindi ad insegnare quindi una professione, un mestiere per l’appunto.
Quelle scuole in cui gli insegnanti delle scuole medie “indirizzano” quelli che non capiscono, o “non hanno voglia”, insomma quelli che “non sono da liceo”. E mi sono ritrovata di fronte ad un’assurda realtà: un numero altissimo di DSA per ogni classe. Un ghetto? Ma sì, diciamoci la verità: la società la vede così, inutile nasconderselo.
Cosa fare??? Ghettizzarli e continuare a farli sentire dei “diversi”? Eh, no. Mi sono messa a studiare la problematica e mi sono ricordata di quando giocavo “a Maestra” da bambina: ho messo insieme le due cose e ho iniziato a lavorare sul serio a questo aspetto.
Non è facile per niente, non certo per me o i “miei fanciulli”: io cerco e studio sempre tecniche nuove per spiegare e insegnare metodi di studio più efficaci, divento un clown o una “mamma”, se necessario; e i fanciulli imparano a fidarsi, ci provano, scoprono che POSSONO capire, studiare, memorizzare, scrivere… e non precipitare più nel panico!
Due miei allievi DSA hanno persino vinto un quarto e un primo premio di narrativa ad un concorso nazionale! Che gioia nei loro occhi e in quelli dei loro genitori. Impagabile.
Non è facile invece a causa del mondo intorno.
Alcuni colleghi proprio “non ce la fanno” a capire che questi ragazzi POSSONO e TANTO, e si ostinano persino a non fare usare gli schemi, figuriamoci ad insegnare loro come si fanno!
Alcuni genitori, ahimè, non accettano questa… realtà, quando suggerisco loro che forse… bisognerebbe approfondire per arrivare a sostenere l’allievo o l’allieva e rendergli o renderle la vita più serena, si chiudono e non vogliono saperne.
Un aiuto a casa sarebbe poi IL COMPLETAMENTO del lavoro fatto in classe, ma non sempre i genitori accettano, così chi “paga” sono i figli, perché di solito non hanno la forza di riprendere a casa, da soli, quel che si è fatto a scuola, allora si scoraggiano e continuano a pensare “Non sono capace”. E il lavoro del mattino “crolla” al pomeriggio.
Sì, perché questi favolosi fanciulli credano in sé è necessaria una RETE che ruoti intorno a loro e li SOSTENGA: è la sola via per renderli FELICI.
FAMIGLIA, ESPERTI, INSEGNANTI E “COMPAGNO” DEI COMPITI ALTRETTANTO ESPERTO.
Fidatevi, sono anni che sperimento i risultati con questa rete e gli insuccessi senza questa rete. Parola di Pro.!
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Si parla tanto di DSA, ma rimane ancora molto da dire e soprattutto da fare.
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