Raccontare la nostra avventura nel mondo dei DSA non è molto semplice, perché non è il racconto di un semplice “fatto”, ma di tutta una serie di emozioni che quest’anno ci hanno travolti.
Incomincio quindi col presentarmi. Mi chiamo Sonia, ho 40 anni e sono mamma di Elisa, una bambina di 11 anni e Marco, un maschietto di 6.Sapevo già a Settembre che l’anno non sarebbe stato semplice: Elisa iniziava la prima media, e per Marco iniziava il percorso elementare.
Nuovo ciclo di studi per entrambi ed Elisa, per me, non era ancora pronta.
A partire dalla terza elementare avevo notato delle grosse difficoltà nello studio, come se studiasse ma non apprendesse. Ciò che il giorno prima sapeva, poco dopo non lo ricordava più. Ma dalle maestre nessuna lamentela, pur facendo io loro presente che a me non piaceva come studiasse mia figlia. Continuavano a dirmi che, sì, la matematica non la preferiva, ma era brava, media del sette, otto in tutte le materie; il problema era magari nel rapporto con me, magari la bambina si opponeva e non riusciva a ripetere la lezione.
Io, stupidamente, ci ho creduto, e, ignorante in merito ai DSA, mai mi è venuto in mente di farle fare qualche test. Porterò con me per un bel po’ questo rimorso!
Mia figlia inizia le medie, è adolescente vuole viaggiare sola anche nello studio ed io la lascio fare con la premessa che però, ai primi colloqui, se le cose non fossero andate bene, sarei intervenuta come supporto.
Arrivano i primi 4 e grossi lacrimoni. Mia figlia già dalle elementari accusava spesso mal di pancia, soprattutto prima di andare a scuola, quest’anno i malesseri aumentano.
Intanto inizio a informarmi con delle letture sui disturbi di apprendimento e arrivano i primi dubbi.
A novembre i colloqui coi genitori, immaginando già come sarebbero andate le cose e, invece, mi piove un secchio di acqua gelata addosso dalla professoressa di matematica, referente per i DSA della classe. Molto gentilmente mi consiglia di far valutare la bambina in merito ai disturbi di apprendimento, perché pensano che il problema di Elisa vada al di la dell’abituarsi al nuovo metodo di studio.
Consiglio dei docenti: non lasciarla sola nello studio e farle fare queste valutazioni per DSA. Ma le liste della ASL sono lunghissime. Andiamo da un privato, intanto sapremo come aiutarla e inserirla nella lista di attesa dell’ASL, che convalidi la diagnosi.
Sono uscita da scuola confusa e un po’ avvilita, quale centro scegliere? Cosa avrà mia figlia? Come ho potuto non accorgermene e, soprattutto, come glielo dico?
Mi fermo, respiro e torno a casa. Inizio con mia figlia, che aspettava l’esito dei colloqui. Le dico, cercando di non commuovermi, che hanno capito che studia tanto, ma il metodo che le hanno insegnato alle elementari non è adatto, così faremo dei test per capire come farla studiare e avere profitto. Mia figlia scoppia in lacrime, non vuole fare nessun test. Io la consolo un po’ e poi le spiego che è necessario affinché possa avere soddisfazione nello studiare e smettere di stare tante ore sui libri senza risultati, perché quei test avrebbero aiutato lei, noi genitori e i professori a capire quale metodo di studio usare.
I giorni dopo, Elisa elabora la cosa, inizia ad accettare l’idea dei test e io intanto studio giorno e notte i DSA per capire io stessa e far capire a lei ciò che l’insegnante dice in merito al fatto che non è una questione di intelligenza, ma di sistema di apprendimento.
Qui in provincia di Roma, fare i test all’ASL in tempo utile è una chimera, le attese sono di più di un anno, ma anche privatamente non si scherza. La inseriamo in lista d’attesa presso un centro privato e, dopo un mese, siamo chiamati a colloquio col neuropsichiatra, che ci spiega e inizia tutto l’iter per arrivare, solo ai primi di febbraio, a una diagnosi. In questi due mesi sostengo io mia figlia nei compiti ed emotivamente, ma non è facile. Lei è molto ostile verso lo studio: ogni pomeriggio è una guerra.
La diagnosi rileva un disturbo misto di apprendimento. Elisa ha un quoziente intellettivo più che nella norma, in alcune aree addirittura superiore, ma una memoria a breve termine in percentuale bassissima, presenta difficoltà anche nella comprensione del testo quando lo legge, è un po’ disgrafica, ma soprattutto discalculica. Ci comunicano tutti gli strumenti compensativi e dispensativi, però, essendo una diagnosi DSA privata, finché l’ASL non l’avesse convalidata, non avremmo potuto costringere la scuola a redigere un PDP.
Almeno, ecco spiegate tutte le difficoltà che notavo nei compiti sin dalla terza elementare!
Dire ad Elisa i risultati dei test è stato più facile di ciò che credessi. Le ho spiegato che fino a quel momento aveva studiato in un modo che non le permetteva di memorizzare nulla, che avrebbe avuto ora a scuola il supporto giusto per non fare così tanta fatica; ma lei intanto già aveva tirato un sospiro di sollievo: “Mamma, in tutti questi anni mi sono sentita sbagliata.”
Mi è venuto da piangere, ho chiesto scusa a mia figlia perché gli sbagliati siamo stati noi adulti, genitori e insegnanti, che per tutti questi anni non ci eravamo accorti di nulla. Che dolore pensare come deve essersi sentita una bambina per tutto questo tempo, mentre tutti le chiedevamo di impegnarsi, di studiare, di ripetere. Che fatica stare dietro alla classe, che mortificazione non riuscire come tutti gli altri. Continuo a chiedere perdono a mia figlia, per non aver capito prima.
Alla fine, avere questa diagnosi è stato quasi un sollievo. Io da mamma ho saputo che non c’è nulla di grave, solo una strada un po’ in salita nello studio e mia figlia, un po’ smemorata anche a casa, almeno sa che la colpa non è sua.
Lei anche ha smesso di sentirsi stupida, sbagliata e ha iniziato ad andare a scuola più sollevata.
Sono spariti i mal di pancia. La scuola, appena ha ricevuto la diagnosi, ha steso un PDP, ma, in realtà, in parte, già da dopo i colloqui, gli insegnanti avevano iniziato ad avere delle attenzioni verso di lei, considerandola una possibile alunna DSA. Mia figlia è stata fortunata, ha trovato dei docenti prepararti e attenti ai DSA, gentilissimi e sensibili, soprattutto umani.
Nonostante ciò, da quel momento è iniziato il percorso per far accettare ad Elisa gli strumenti compensativi, che lei si ostinava a non usare per non sentirsi diversa dai compagni. Giorni di discorsi e lacrime negli intervalli tra ore e ore di studio, quando, io per prima, che l’aiutavo nei compiti, dovevo imparare come si costruivano le mappe, come apprende un bimbo con Dsa.
In fondo, ho solo un diploma di liceo classico. È stata dura. Intanto però il pensiero di come mia figlia potesse sollevarsi dal suo stato di inadeguatezza, dovuto a questo ritardo nella diagnosi, che schiacciava la sua personalità, mi tormentava. Inoltre, le parole del neuropsichiatra mi rimbombavano: “Non si può far nulla per aiutarla, a parte le misure compensative e dispensative, è GRANDE!” Io non le posso accettare, queste parole. Non dico che mia figlia debba diventare un genio matematico, ma possibile non si possa fare NIENTE?
Studio notte e giorno su internet, mi metto in contatto con altre mamme, cerco di capire come si aiutano e supportano i bambini con DSA.
A marzo, a un mese dalla diagnosi, decido: per mia figlia ci vuole qualcuno che la supporti emotivamente e che allo stesso tempo la potenzi. Io non ho sufficiente denaro per farla seguire sia nei compiti che emotivamente, così cerco una brava psicologa specializzata in DSA, che usa il metodo Feuerstein. Ad Aiutare la mia bambina nei compiti ci sarò io, ma il metodo Feuerstein e il supporto psicologico l’aiuteranno a trovare l’autostima e a potenziare l’attenzione.
Anche questa non è una passeggiata. Mia figlia non vuole. Stavolta ragiono poco, impongo di andare a conoscere Clara e, se si piacerà, continuerà ad andarci, altrimenti, pazienza. Devo dire di aver azzardato, ma una mamma il cuore dei suoi figli lo conosce ed ero certa che Elisa si sarebbe fatta aiutare dalla terapista.
Con il supporto psicologico e il metodo Feurstein, Elisa è rinata. Non è stato facile né veloce, ma pian piano si è iniziato a vedere un atteggiamento positivo, che permetteva a me di aiutarla a studiare. Non tutti i pomeriggi sono stati semplici, ma lo diventavano sempre di più.
Con i metodi dispensativi e compensativi, con tanto impegno, col supporto psicologico e me a casa ad ascoltarla ed aiutarla a studiare, e grazie anche ai suoi professori che l’hanno capita, supportata e aiutata, Elisa. ha iniziato a migliorare sempre più e i 4 sono diventati sei, sette, persino otto.
È iniziata una catena positiva che ha portato successo in tutto, non solo a scuola, ma anche nella vita di mia figlia. Perché, purtroppo se non sono supportati nel modo giusto su tutti i fronti, i nostri bimbi speciali tendono a chiudersi in se stessi, a diventare negativi, anche con i propri simili, a essere oppositivi. Portano un peso molto grande dentro, sono piccoli e non basta dar loro lo strumento compensativo per risolvere il problema, perché non hanno bisogno solo di fare bene un operazione e di prendere un bell’otto, ma di capire la loro condizione di DSA, di accettarla e di essere aiutati a integrarsi, nonostante apprendano in modo diverso. Se non ci si prende cura dell’aspetto interiore, molti degli strumenti compensativi e dispensativi saranno inutili. Io mi ritengo fortunata, nonostante abbiamo scoperto molto tardi i DSA di mia figlia, ad aver trovato docenti così competenti, una psicologa professionale e umana e ad aver avuto la capacità di riuscire a capire, studiando a lungo il problema come aiutare e supportare mia figlia nello studio.
Un genitore davanti ai disturbi di apprendimento si trova solo e senza nozioni a dover fare tantissime scelte, senza magari sapere nemmeno cosa sia un DSA. È assurdo che in Italia ci sia una legge che tutela i DSA e poi spesso neanche gli insegnanti sanno riconoscere un alunno con problemi. Più tardi si fanno le diagnosi peggio è, non per il rendimento scolastico soltanto, ma per come si struttura la personalità di un bambino con Dsa non riconosciuto.
Invito voi tutti ai primi campanelli di allarme, quando vedete vostro figlio demotivato verso la scuolao comunque che vive un disagio nell’andarci, a confrontarvi con insegnanti e pediatra per decidere se sia il caso di farlo valutare. E se il dubbio vi attanaglia, non tentennate perché il cuore di una madre le cose le sente.
Il ciclo di studi di mia figlia sarà lungo, ma né lei né io siamo più avvilite. Non siamo più sole nell’affrontare il tutto e, inoltre, la promozione con dei bei voti quest’anno ci ha dimostrato che vale la pena lottare e non arrendersi; ma se non lo si fa nel modo giusto e supportati, diventa troppo faticoso e spesso ci si scoraggia. Per cui consiglio a tutti di far supportare i propri figli DSA da un esperto e di non mandarli a un normalissimo doposcuola. Io ci ho messo sei mesi a capire come supportare mia figlia.
Spero che nel nostro Paese cambi qualcosa perché è assurdo che si debba aspettare più di un anno con l’ASL per una diagnosi, assurdo che se non hai i soldi per pagare un privato, tuo figlio non possa avere un supporto nei compiti o uno psicologo che lo aiuti. E non mi si venga a parlare della domanda d’indennità di frequenza: a parte che spesso per averla devi far ricorso, ma nel mio caso, non avendo una diagnosi DSA convalidata dalla ASL, non posso farla e già è tanto se la scuola accetti la diagnosi privata, perché i centri accreditati la Regione non li ha.
I nostri figli sono gli adulti del domani e adulti senza autostima che società possono creare? Inoltre, lo studio è un diritto di tutti e in uno Stato civile tutti devono essere messi in condizioni di studiare e poter fare il proprio ciclo di studi serenamente.
Io sto ancora aspettando che l’ASL convalidi la diagnosi privata e, viste le file immani, ho messo il piccolo in lista di attesa perché, per non farci mancare nulla, anche lui molto probabilmente ha un DSA, date le difficoltà in prima elementare e anche per lui molto probabilmente dovrò passare a valutazioni private.
E intanto, poiché ha iniziato con problemi di autostima anche lui, lo sto facendo supportare da una psicologa e tutti i pomeriggi, oltre alla sorella, aiuto anche lui con i compiti.
Con un solo stipendio sostenere le spese per gli specialisti DSA è durissima, ma devo ringraziare il cielo che non lavoro, altrimenti come potrei aiutarli con i compiti al pomeriggio?
Spero solo che qualcuno si renda conto che non si può lasciare sole le famiglie con problemi di questo tipo. Il mondo DSA deve essere maggiormente conosciuto. Da tutti: famiglie, docenti, medici e alunni, anche per evitare che si creino preconcetti nelle classi. Se la nostra situazione è questa, non oso pensare come stiano i bambini gravemente malati e i loro genitori, per cui mi vergogno anche a lamentarmi.
Ma continuo a parlare, denunciare, perché questo Paese diventi più sensibile verso chi vive situazioni difficili: al mondo abbiamo tutti il diritto di vivere sereni… TUTTI ALLO STESSO MODO!
EVOLVIS è pronta a rispondere a tutti questi quesiti, con professionisti competenti in materia di DSA, Tutor specializzati e selezionati che collaborano tra loro in equipe pronte ad affiancare genitori nel percorso e collaborare con scuola ed insegnanti!
Si parla tanto di DSA, ma rimane ancora molto da dire e soprattutto da fare.
FACCIAMOLO INSIEME! CONTATTA EVOLVIS
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