“Il PDP non mi ha insegnato ad imparare,ma sicuramente mi ha messa nelle condizioni per poterimparare e non sentirmi diversa dagli altri.”
Camilla, 15 anni
La Legge 170 del 2010 e il successivo Decreto Ministeriale n. 5669 del 2011, prevedono che la scuola, in condivisione con le famiglie, il servizio sanitario o i professionisti privati che seguono l’alunno con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, compili il Piano Didattico Personalizzato, noto anche con l’acronimo PDP.
Affinché sia possibile la sua attivazione, è necessario che la famiglia consegni a scuola la documentazione in cui è riportata la diagnosi DSA.
Dal momento della sua presentazione, la redazione del Piano Didattico Personalizzato deve avvenire entro tre mesi; a tal proposito è importante che la famiglia richieda alla scuola di segnalare la data e il numero di protocollo della richiesta, in modo da potersi avvalere della possibilità di richiedere informazioni circa i tempi di compilazione.
Nel caso in cui, uno studente frequenti una classe che preveda un esame di Stato finale, la famiglia deve aver cura di consegnare tutta la documentazione diagnostica entro il 30 marzo dell’anno scolastico corrente così che lo studente possa usufruire di tutti i diritti che gli spettano.
Il Piano Didattico Personalizzato è un documento che consente la predisposizione di attività didattiche mirate e, appunto, personalizzate.
Non solo, chiarisce quali strumenti compensativi e quali misure dispensative la scuola dovrà rendere noti, impegnandosi ad attenersi a quanto indicato per mettere gli studenti con DSA, nelle condizioni di raggiungere gli obiettivi di ogni insegnamento scolastico.
Si parla, infatti, di individualizzazione e personalizzazione perché saranno le metodologie, i tempi di lavoro e gli strumenti utilizzati ad essere diversificati, non gli obiettivi.
Ogni insegnante dovrà specificare quali mete didattiche personalizzate ritiene necessarie che l’alunno dislessico raggiunga nella sua materia d’insegnamento.
Il PDP è, quindi, uno strumento indispensabile per un apprendimento efficace che, come possiamo leggere dalle parole di Camilla, permette di “poter imparare e non sentirmi diversa dagli altri”.
Inoltre, predispone le modalità delle prove finali e delle verifiche nel corso dell’anno e specifica quali sono gli strumenti di cui può avvalersi lo studente durante il loro svolgimento.
È importante che venga indicato di programmare e concordare con l’alunno le prove e di prevederne di orali per recuperare eventualmente quelle scritte, di valutare i contenuti più che la forma e tempi più lunghi durante la loro esecuzione.
Prima di compilare il PDP, è fondamentale che la scuola richieda un colloquio con la famiglia e con lo specialista di riferimento e, se presente, il tutor dell’apprendimento che segue l’alunno al fine di raccogliere quante più informazioni circa la specificità delle difficoltà presenti.
Solo un lavoro di rete che può rendere possibile un percorso scolastico di un bambino o ragazzo con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, sereno e positivo.
Questo momento è prezioso al fine di evitare di rendere la compilazione del Piano Didattico Personalizzato un mero atto burocratico per trasformarlo, invece, in un’occasione ove i docenti possano approfondire le peculiarità di quello studente e consentirgli di apprendere al meglio.
Infatti, il PDP non va inteso come una lista di caselle da spuntare o, ancora, un elenco di strumenti compensativi o misure dispensative da barrare e diciture troppo generiche. In esso, è importante inserire anche progetti didattici, educativi strumentali inclusivi, “tenendo nella mente” il bambino o il ragazzo per il quale si sta redigendo il PDP.
Il MIUR, a riguardo della sua compilazione, suggerisce alle insegnanti di valorizzare nella didattica, non soltanto il codice scritto, bensì anche altri linguaggi come quello parlato, delle immagini o dei disegni, poiché appresi più agevolmente da parte di coloro che hanno un Disturbo Specifico dell’Apprendimento e di preferire, in generale, una didattica che sia più esperienziale e laboratoriale, avvalendosi dell’apprendimento cooperativo e del tutoraggio tra pari che attiva processi di autocontrollo e di autovalutazione dei propri apprendimenti attraverso il confronto con gli altri.
Il PDP dovrà poi essere firmato dal Dirigente Scolastico, dai docenti di classe e dalla famiglia.
In caso di alunni frequentanti la scuola secondaria di primo o secondo grado, la famiglia può richiedere la partecipazione del ragazzo alla compilazione del PDP offrendogli così la possibilità di sentirsi un protagonista attivo del suo percorso scolastico.
È importante evidenziare che la scuola, su richiesta o meno della famiglia, può attivare un PDP in attesa che l’ASL o che lo specialista privato di riferimento emetta una diagnosi, al fine di adoperarsi per sostenere gli alunni per i quali si sospetta un Disturbo Specifico dell’Apprendimento attivando gli strumenti previsti per gli studenti con Bisogni Educativi Speciali (BES), verbalizzando le motivazioni che hanno portato a prendere tale decisione.
Il PDP è uno strumento utile anche a monitorare il percorso scolastico dello studente e, pertanto, non può considerarsi un documento statico ed immutabile, ma, al contrario, flessibile e rettificabile, se necessario.
Fondamentali, allora, saranno i momenti di verifica tra insegnanti e specialisti, durante i quali potersi confrontare ed eventualmente aggiornare il documento con nuove informazioni dato che lo studente, se adeguatamente supportato, può raggiungere sempre più autonomie e nuove strategie rispetto al momento della sua prima redazione.
L’importanza del dialogo, del confronto concreto tra Scuola Famiglia e Professionisti è fondamentale per evitare che dopo un tortuosissimo percorso, come abbiamo già visto in articoli precedenti, la famiglia non si ritrovi ABBANDONATA a se stessa, senza alcun punto di riferimento e spesso con insegnanti (fortunatamente sempre meno) che considerano poco utile il PDP, in quanto :
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